Alterazioni del flusso mestruale

Il ciclo mestruale, vale a dire il periodo che intercorre fra una mestruazione e un’altra, è determinato dall’interazione ritmica di tre importanti strutture: l’ipotalamo che secerne le gonadotropine (GnRH), l’ipofisi, che secerne le gonadotropine FSH e LH), e le ovaie, che producono ormoni (in particolare l’estradiolo e il progesterone) e dove avviene la maturazione dell’ovulo.

Si tratta di un delicato equilibrio che, in condizioni ottimali, provoca un intervallo che oscilla fra i 28 e i 35 giorni, una durata del flusso mestruale di 2 ai 7 giorni e che varia fra i 25 e i 69 ml.

L’irregolarità del ciclo mestruale nei primi due anni riguarda circa il 60% delle adolescenti che tendono a regolarizzarsi nel 2° e 3° anno dopo il menarca. Ciò è, nella stragrande maggioranza dei casi dovuto, al non ancora completo sviluppo follicolare e del meccanismo ovulatorio. Va anche ricordato che, nei primi due anni, il 55-80% dei cicli mestruali sono anovulatori.

  • Amenorrea: è l’assenza del flusso mestruale. Può essere primaria, vale a dire caratterizzata dalla mancata comparsa del flusso mestruale dopo i 14-16 anni, oppure secondaria, vale a dire caratterizzata dalla mancanza del flusso dopo 3 cicli mestruali o dopo 6 mesi di mestruazioni normali. Nel primo caso è causata nel 60% dei casi da malformazioni congenite agli organi genitali e nel 40% a endocrinopatie, quali ad esempio una pubertà ritardata. L’amenorrea può avere svariate cause: patologie uterine o ovariche, sindrome dell’ovaio policistico, iperprolattinemia, disfunzioni della tiroide, disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia ecc.), intenso esercizio fisico, tumori.

 

  • L’amenorrea secondaria – più comune rispetto alla primaria – ha come cause: sindrome dell’ovaio policistico, disturbi alimentari (anoressia, bulimia ecc.), assunzione di farmaci (tranquillanti, antidepressivi ecc.), stress emotivo, intenso esercizio fisico, patologie ovariche e uterine, endometriosi.

 

  • Oligomenorrea: è un ciclo in cui l’intervallo fra due mestruazioni è superiore a 35 giorni e inferiore a 180; questo disturbo interessa il 25% delle adolescenti nel primo anno dopo il menarca e il 20% nel secondo anno. Le cause più frequenti sono dovute a incompleto sviluppo con immaturità del sistema ovarico nel suo complesso. Nei casi in cui è associata ad acne, seborrea o irsutismo può essere riconducibile alla sindrome dell’ovaio policistico; in altri casi a condizioni di stress fisico (attività agonistica ad esempio) o psicologico.

 

  • Sanguinamento uterino anomalo: si definiscono così perdite ematiche anomale come frequenza, intensità e durata. Possono essere mestruazioni più lunghe rispetto al ciclo normale (menorragia), oppure sanguinamenti fra una mestruazione e l’altra (metrorragia) o sanguinamenti intensi e prolungati che si verificano a intervalli irregolari e frequenti (meno-metrorragia).

 

  • Sindrome premestruale: caratterizzata da sintomi fisici e psichici si manifesta durante il periodo del ciclo e interessa il 20% delle donne. Può essere limitata a pochi giorni oppure riguardare tutto il periodo del ciclo oppure interessare anche qualche giorno prima della comparsa delle mestruazione e qualche giorno dopo la loro scomparsa. E’ caratterizzata da: irritabilità, alterazioni del tono dell’umore, crisi di pianto, insonnia, difficoltà alla concentrazione, tensione mammaria, sensazione di gonfiore addominale, cefalea, palpitazioni ecc. La causa di questi disturbi non è ancora stata identificata e la loro comparsa sembra essere associata a svariate motivazioni, da un alterato rapporto fra estrogeni e progesterone o della sintesi delle prostaglandine,  a un eccessiva produzione di prolattina o degli ormoni regolatori del ciclo. Non esistono test diagnostici specifici per la sindrome premestruale. La terapia consiste nell’utilizzo di analgesici e nell’eliminazione di caffè, alcolici e tè; può giovare una integrazione di magnesio, elemento talora carente in questi soggetti.

 

  • Dismenorrea: è definita tale una mestruazione dolorosa caratterizzata da dolori all’addome e alla regione pelvica. Interessa, in una misura che oscilla fra il 40 e il 70%, le ragazze di età compresa fra i 12 e i 17 anni e nel 15-20% dei casi è così intensa da provocare assenze da scuola o dal lavoro. Il dolore può essere di diversa natura: sotto forma di crampi o di dolore diffuso a raggiera che si diffonde all’inguine, al fondo schiena e agli arti inferiori. In molti casi si associa a nausea, cefalea, astenia, alterazioni dell’umore, perdita dell’appetito: Nella stragrande maggioranza dei casi (98%) le adolescenti non ricorrono al consiglio del medico, ma attuano comportamenti quali riposo e utilizzo di analgesici. Viene distinta in forma primaria (il dolore insorge poco prima dell’arrivo del flusso, raggiunse l’intensità maggiore nell’arco delle 24 ore e dura un paio di giorni) e in forma secondaria – meno comune – e causata in genere da endometriosi, nonché patologie della cervice o dell’utero o urinarie e ovariche. Di fronte a casi persistenti di dismenorrea è bene ricorrere ad approfondimenti per valutare l’ipotesi della dismenorrea secondaria e, una volta esclusa questa, intervenire con FANS (antinfiammatori non steroidei quali ibuprofene, naprossene, ketoprofene) oppure iniziare una terapia ormonale con pillola a base di estrogeni o, nei casi più severi, pillola a base di progestinico.

Polipi uterini

Il Polipo è una neoformazione mucosa benigna, singola o multipla, sessile o peduncolata, rivestita da epitelio, che aggetta all’interno di una cavità; nel nostro caso all’interno dell’Utero o del Canale Cervicale. La neoformazione può essere associata ad iperplasia endometriale, o assumere l’aspetto di iperplasia pseudopolipoide; talora, raramente, può nascondere un adenocarcinoma endometriale: ogni formazione polipoide va asportata, per essere sottoposta ad esame istologico. 

I Polipi possono essere Cervicali, il che vuol dire che originano dalla mucosa interna del collo dell’utero ) o Endometriali (originano dalla mucosa endometriale) ed essendo il Sanguinamento Uterino Abnorme (AUB) il loro principale sintomo, rappresentano uno dei motivi più frequenti di consulenza ginecologica.
Il 20-30% delle pazienti con menometrorragia è portatrice di polipo endometriale.
A volte i polipi sono asintomatici e vengono riscontrati come reperto clinico durante una visita o una ecografia .

La diagnosi è possibile tramite una Ecografia Transvaginale e\o Isteroscopia.
 
Allo stato attuale l’Isteroscopia Office  rappresenta il miglior approccio a questa problematica: nella maggior parte dei casi questa tecnica consente in rapida sequenza di definire la diagnosi e di eseguire il trattamento endoscopico “a vista”.
 
Tutto ciò in grande sicurezza e scarsa invasività: l’intervento si svolge senza bisogno di anestesia e senza neanche usare la speculum vaginale; solo in pochissimi casi, se la poliposi è molto estesa, è necessario ricorrere ad un secondo tempo resettoscopico (cioè con un isteroscopio operativo che ha un calibro di 8-9 mm contro i 4 mm dell’ office). La resettoscopia (o isteroscopia operativa) necessita della dilatazione del canale cervicale e dell’anestesia generale.
 
Si capisce quindi come una tecnica affidabile, sensibile, accurata e poco invasiva sia da preferire .

Non parliamo della classica tecnica detta esame strumentale della cavità uterina (il famoso “raschiamento” o anche D & C – dilatazione e curettage).

Fibromi

I Leiomiomi, chiamati anche Fibromi o Miomi uterini, sono i più comuni tumori solidi dell’apparato genitale femminile. Sono tumori benigni la cui trasformazione maligna è estremamente rara.

Si pensa che la loro origine sia dovuta alle fibrocellule muscolari lisce dell’utero e talvolta alle cellule muscolari lisce dei vasi uterini. Nelle donne in età fertile la loro incidenza varia tra il 20 ed il 50%; la percentuale diminuisce gradualmente con l’aumentare dell’età. La loro presenza è stata evidenziata in circa il 50% di donne sottoposte ad accertamenti per sterilità.

I Fibromi sono clinicamente rilevabili con sempre maggiore frequenza nelle donne che hanno superato i 20 anni raggiungendo la maggiore incidenza verso i 35-40 anni; tendono a regredire dopo la menopausa e ad aumentare durante la gravidanza.

Prima dell’utilizzo di nuove terapie mediche e di efficaci procedure chirurgiche endoscopiche alternative, i fibromi uterini rappresentavano negli Stati Uniti circa il 33% degli interventi di isterectomia la cui unica indicazione era proprio la presenza di fibromi uterini. Negli Stati Uniti fino al 1994, circa il 33% delle isterectomie era effettuato per fibromatosi uterina.

Il loro massimo sviluppo si ha durante l’età fertile, quando l’ovaio è in grado di esprimere al massimo la secrezione estrogenica. L’utilizzo di una terapia estro-progestinica (anticoncezionale) può in molti casi ridurre la crescita fibromatosa, al contrario, l’utilizzo in menopausa di una terapia ormonale sostitutiva, può farne riprendere la crescita.

Le loro dimensioni possono variare da pochi millimetri a diversi centimetri; possono essere singoli o multipli e variamente localizzati.
In base alla loro localizzazione uterina si possono classificare in:
Sottomucosi quando protrudono all’interno della cavità uterina, Intramurali quando si trovano all’interno della parete muscolare e Sottosierosi sulla superficie dell’utero.

A volte, si localizzano nel legamento largo dell’utero, intralegamentosi o nelle Tube uterine; una piccola percentuale interessa anche la Cervice.

La maggior parte delle pazienti affette da fibromi uterini sono Asintomatiche.
La diversa sintomatologia che comunque li caratterizza è correlata alla localizzazione, alle dimensioni ed anche all’età della paziente.
L’eccessivo sanguinamento uterino o ipermenorrea è spesso l’unico sintomo.
La donna racconta di una mestruazione più lunga ed abbondante che si protrae anche per giorni e che può portare ad una progressiva anemizzazione.

Senso di peso “al basso ventre”, senso di “compressione” sulla vescica o sul retto, sintomi urinari, tenesmo o costipazione, dolore, aumento di volume dell’utero stesso, rappresentano la svariata sintomatologia che può accompagnare i Fibromi.

Discorso diverso è quello relativo al sintomo “Sterilità”; infatti ancora oggi rimane molto discussa la correlazione tra riduzione della fertilità e fibromi.
Da una serie di lavori scientifici presi in esame, si evidenzia che il tasso di gravidanza è influenzato negativamente da fibromi che alterano il profilo endouterino.

L’ostacolo meccanico nei confronti della progressione degli spermatozoi e l’alterazione strutturale dell’endometrio e quindi della “culla ” della futura gravidanza, rappresentano forse i più importanti fattori causali della sterilità.
E stato dimostrato che possono complicare la gravidanza, causando prematuramente delle contrazioni o il travaglio o una malpresentazione fetale e possono anche obbligare al parto cesareo.

La gravidanza ectopica e la torsione del mioma rappresentano sintomi meno frequenti ma non per questo meno gravi, considerato che il mancato riconoscimento di questi due quadri clinici può avere conseguenze ben più gravi.
Due sono gli eventi effettivamente importanti ma altrettanto rari da considerare, la trasformazione maligna, che avviene circa nello 0,5-1 % e la degenerazione.

La Diagnosi viene effettuata attraverso una attenta raccolta di dati anamnestici, una visita ginecologica può evidenziare un utero deformato, duro, aumentato di volume.
Gli ultrasuoni (Ecografia), sono ormai uno strumento indispensabile, in grado di evidenziare il numero, le dimensioni e la localizzazione dei fibromi stessi.

L’Isteroscopia è ormai il mezzo certo ed efficace, attraverso il quale è possibile diagnosticare un mioma che interessa la cavità seppure di piccole dimensioni ed eventualmente trattarlo immediatamente.
La diagnosi è immediata e consente di organizzare la strategia terapeutica che va dal trattamento “a vista”, alla preparazione farmacologia per un successivo intervento di resezione endoscopica (Isteroscopia Operativa).

Chirurgia addominale o laparoscopica è il gold standard per il trattamento di miomi sintomatici ( nel senso che provocano sintomi ) o che danno segni di degenerazione: necrosi …

Prolasso utero-vaginale

Attualmente oltre il 50% delle donne in menopausa presenta un prolasso, anche se solo il 10-20% lamenta dei disturbi significativi.

Il prolasso utero-vaginale è la caduta verso il basso dell’utero, delle pareti vaginali e spesso della vescica e del retto.

Le cause principali sono il parto e la menopausa. Il prolasso, infatti, è frequente nelle donne che hanno partorito: durante il parto possono prodursi delle lesioni muscolari del pavimento pelvico che sostengono l’utero. Il prolasso, inoltre, tende a manifestarsi dopo la menopausa: la mancanza ormonale è responsabile della perdita di collagene e di fibre elastiche dei legamenti che sospendono l’utero. Infine, altri fattori sono quelli che comportano un aumento cronico della pressione addominale: tosse cronica, stipsi ostinata e lavoro pesante.

Il disturbo più frequente è la sensazione di caduta verso il basso dell’utero, causa di disagio, ad es. quando la donna cammina, si siede e durante i rapporti sessuali. Spesso compare una difficoltà alla minzione e infezioni urinarie ricorrenti; altre volte, invece, una perdita involontaria di urina con stimolo urgente e frequente a urinare. Talvolta è presente una qualche difficoltà alla defecazione.


L’obiettivo del trattamento del prolasso è di migliorare la qualità di vita della donna: alleviare la sintomatologia, ricostruire l’anatomia, ristabilire la funzione e garantire un risultato duraturo nel tempo.


La terapia chirurgica, indicata in caso di prolasso totale, prevede l’asportazione dell’utero per via vaginale con rimozione della parete vaginale in eccesso, ricreando un valido supporto per la vagina, la vescica e il retto.


In caso di prolasso lieve, le possibilità sono la terapia riabilitativa e quella farmacologica. E’ chiaro che la riabilitazione perineale non pretende di risolvere totalmente e durevolmente il problema, tuttavia i risultati sono talvolta soddisfacenti. Anche la terapia estrogenica vaginale, ovuli o creme vaginali, conduce solo a un beneficio soggettivo, ma svolge un ruolo fondamentale, prima e dopo l’intervento chirurgico per migliorare e mantenere i risultati.


È sempre necessario ricordare l’importanza della prevenzione del prolasso. La prevenzione è basata su un’attenta assistenza al parto e sull’invio della puerpera a corsi di riabilitazione perineale, al fine di ridurre i danni del pavimento pelvico. Sempre utile un adeguato trattamento ormonale, per rallentare i processi di atrofia dei tessuti genitali. Ovviamente non vanno dimenticati alcuni semplici consigli comportamentali per ridurre o evitare fattori favorenti il prolasso: sospendere il fumo di sigaretta (responsabile della tosse), controllare il sovrappeso (obesità), regolare la funzione intestinale (stipsi) ed evitare i lavori pesanti.

Malformazioni uterine

Le malformazioni genitali congenite sono un gruppo di patologie molto eterogeneo sia dal punto di vista sintomatologico che dal punto di vista terapeutico. Possono interessare ovaia, tube, utero, vagina e genitali esterni.

Il ginecologo deve avere il sospetto diagnostico quando si trova davanti ad una paziente con sintomi quali la sterilità, l’amenorrea primitiva, l’abortività ripetuta, la dismenorrea grave, la comparsa di crisi dolorose addominali, l’impossibilità ad avere rapporti.
Le malformazioni ovariche possono essere l’assenza dell’ovaio (agenesia ovarica) accompagnata spesso dall’agenesia tubarica omolaterale e che può essere mono o bilaterale; la presenza al posto dell’ovaio di una briglia fibrosa priva di follicoli nei vari stadi maturativi (ipoplasia ovarica); la presenza di ovaia accessorie o dislocate.
Le malformazioni tubariche derivano da un errore nello sviluppo dei dotti paramesonefrici o dotti di Müller, strutture in numero pari che durante lo sviluppo embrionario danno origine alle tube di Falloppio ma anche, attraverso la loro fusione sulla linea mediana, all’utero ed al tratto superiore della vagina. Anche le tube possono mancare (agenesia tubarica) o essere iposviluppate (ipoplasia tubarica) o essere in soprannumerarie (tube accessorie).

Tra le malformazioni congenite dei genitali esterni la più comune è l’imene imperforato che si manifesta alla pubertà con accumulo di sangue mestruale a livello della vagina e della cavità uterina con algie pelviche acute che si risolvono con l’incisione chirurgica e lo svuotamento della raccolta ematica. 

La diagnosi di malformazioni dell’apparato genitale femminile è diversa a seconda del tipo di malformazione con cui ci troviamo ad avere a che fare. In ogni caso per una corretta diagnosi è necessaria un’anamnesi e l’esame obiettivo accurati che possono indirizzare i successivi accertamenti laboratoristici e strumentali. Nel caso di anomalie dei genitali esterni e della vagina l’esame obiettivo è sufficiente a porre una diagnosi che poi potrà essere confermata e precisata con altre metodiche. Tutte le tecniche che esplorano la morfologia della pelvi sono utili nella diagnostica delle malformazioni genitali. Tra queste ricordiamo:

  • Ecografia: permette di evidenziare le agenesie/ipoplasie ovariche ed uterine, può porre il sospetto di utero bicorne e utero setto ma necessita di successive indagini più invasive per la precisazione del quadro clinico.
    Considerato il basso costo, la buona tolleranza da parte della paziente e la non invasività è una buona indagine di primo livello.
    Attualmente l’ecografia tridimensionale ha trovato un ampio campo di applicazione ginecologica nella diagnostica delle malformazioni uterine Isterosalpingografia: è una tecnica radiologica più approfondita, che attraverso l’iniezione di mezzo di contrasto permette di visualizzare meglio i profili della cavità uterina e il flusso attraverso le tube.
  • Isteroscopia: è un esame endoscopico discretamente invasivo che viene di solito eseguito ambulatorialmente, che permette la visualizzazione diretta del canale cervicale e della cavità uterina. Viene utilizzato sia a scopo diagnostico ma anche operativo nel caso di uteri setti.
    L’isteroscopia è utile nella diagnosi delle malformazioni di IV e V classe anche se è difficile distinguere il quadro isteroscopico dato da un setto uterino completo o di discrete dimensioni con quello dato dall’utero bicorne. Se vi è questo dubbio è necessario procedere ad una successiva tecnica diagnostica, la laparoscopia, che permette la visualizzazione morfologia esterna dell’utero che è pressoché normale nel caso di utero setto mentre l’utero bicorne presenta 2 corpi uterini divisi cranialmente e uniti a dare un unico collo.
  • Laparoscopia diagnostica: è un esame endoscopico invasivo che permette la visualizzazione diretta dei genitali interni. Oltre che permettere, nei casi dubbi, la diagnosi differenziale tra utero setto e utero bicorne, permette una diagnostica definitiva di tutte le altre malformazioni o agenesie che interessano ovaia, tube e utero. 
    La laparoscopia si rivela inoltre molto utile sia per un completamento diagnostico della paziente infertile che per il monitoraggio dell’intervento isteroscopio.

 

Il trattamento di queste pazienti è strettamente correlato al tipo di patologia che determina l’irregolarità mestruale, alla severità e durata del disturbo, all’età della paziente e al desiderio o meno di una gravidanza.
Generalmente per quanto riguarda le lesioni organiche il trattamento è prevalentemente di tipo chirurgico preceduto o meno da terapie mediche

Per quanto riguarda le alterazioni di tipo funzionale spesso una terapia medica ormonale è quasi sempre in grado di risolvere il problema, tuttavia ogni patologia va sempre seguita e trattata nello specifico.
Al di là delle specifiche patologie che meritano comunque sempre delle valutazioni approfondite, nella maggior parte dei casi il trattamento più corretto di tutti i disordini del ciclo mestruale si fonda su un rapporto di fiducia tra la paziente e il ginecologo; la donna da una parte con le sue esigenze e il ginecologo dall’altra che deve sapere accogliere le richieste della paziente guidandola in un razionale programma diagnostico e terapeutico.

Contraccezione

Contraccezione o controllo delle nascite sono le espressioni utilizzate per indicare le misure preventive che impediscono l’instaurarsi di una gravidanza. Esistono numerosi metodi per evitare una gravidanza: “coitus interruptus” (coito interrotto), l’impiego di farmaci a base di ormoni, i dispositivi contraccettivi (metodi di barriera), l’astinenza sessuale e la chirurgia. Tuttavia, questi metodi non hanno tutti la stessa affidabilità

È importante sottolineare che nessun metodo di controllo delle nascite protegge completamente dall’infezione da virus dell’HIV o dalle altre patologie sessualmente trasmissibili.

Attualmente esistono vari metodi per il controllo delle nascite, fra cui si citano: preservativo, spermicida, diaframma, dispositivo intrauterino, pillola anticoncezionale, cerotto contraccettivo e altri metodi contraccettivi ormonali.

  • Metodi di barriera
  • Dispositivo intrauterino
  • Metodi ormonali
  • Metodi chirurgici
1) I metodi di barriera comprendono tutti i dispositivi che impediscono meccanicamente allo sperma di raggiungere l’ovulo, come il preservativo, il diaframma o il cappuccio cervicale . In linea di massima, quando vengono utilizzati correttamente ed in associazione a preparazioni spermicide, risultano efficaci nella prevenzione della fecondazione. Poiché questi metodi vengono utilizzati solo al momento del rapporto sessuale, sono indicati per le persone che non possono o che non vogliono assumere farmaci ormonali per evitare l’instaurarsi di una gravidanza, o che non hanno una vita sessuale costante.
 
2) Il dispositivo intrauterino (o più comunemente chiamato IUD) è un piccolo dispositivo collocato nell’utero dal ginecologo. Il termine comune utilizzato per lo IUD – “spirale” – dipende dalla forma a spirale dei primi IUD utilizzati. L’efficacia degli IUD è paragonabile agli altri metodi a lungo termine, ovvero hanno un’efficacia del 99%. Alcuni IUD possono anche rilasciare ormoni, mentre altri no. Gli IUD possono avere diversa durata: alcuni sono efficaci per un anno, mentre altri anche per un periodo compreso fra cinque e dieci anni. Possono provocare cicli mestruali intensi o irregolari e malessere, anche se in genere questi effetti collaterali svaniscono di solito dopo alcuni mesi.
 

3) Tutti i metodi a base di ormoni si fondano sullo stesso principio: piccole quantità di ormoni che impediscono la maturazione e il rilascio degli ovuli da parte delle ovaie. Il metodo di somministrazione di questi ormoni può variare sostanzialmente a seconda della forma farmaceutica utilizzata. Vengono prescritti dal ginecologo:

Pillola anticoncezionale

Si tratta di una compressa che viene assunta per via orale ogni giorno per 21 giorni, cui solitamente fa seguito un periodo di sospensione dell’assunzione di una settimana. Può anche essere assunta in modo continuato. La pillola anticoncezionale rilascia gli ormoni dal tratto gastrointestinale nella circolazione sanguigna. È disponibile in vari dosaggi e con molti tipi di ormoni. In genere contiene un estrogeno associato ad un progestinico.

Cerotto

Si tratta di un piccolo e sottile cerotto transdermico applicato sulla cute, che rilascia ormoni attraverso la pelle direttamente nella circolazione sanguigna. Ogni cerotto rimane applicato per una settimana per un totale di tre cerotti per tre settimane consecutive. Nella quarta settimana non bisogna applicare nessun cerotto. Vantaggioso è il suo uso settimanale ed il fatto che si evita l’assorbimento gastro-intestinale degli ormoni.

Anello vaginale

L’anello vaginale è un sistema di rilascio ormonale che viene inserito dalla donna in vagina. Ogni anello rimane in vagina per tre settimane consecutive al mese, durante le quali rilascia lentamente gli ormoni, che vengono direttamente assorbiti nella circolazione sanguigna.

Iniezioni

Si tratta di un’iniezione periodica, eseguita nella natica o nel braccio, contenente ormoni. Gli ormoni vengono rilasciati gradualmente a partire dal sito di iniezione.

Impianto

Gli impianti sono costituiti da capsule riempite di ormoni, che vengono inserite sotto la cute dell’avambraccio. Contengono una quantità di ormoni che, rilasciata gradualmente, ha una durata di attività per un periodo compreso fra tre e cinque anni.

4) Le procedure chirurgiche possono essere impiegate sia negli uomini che nelle donne e sono solitamente finalizzate all’infertilità permanente.

Negli uomini, si effettua la resezione del dotto che connette i testicoli alla prostata, che viene poi chiuso da entrambe le estremità. La procedura viene chiamata “vasectomia” e impedisce allo sperma prodotto nei testicoli di essere eiaculato attraverso il liquido seminale.

Nelle donne, vengono chiuse le “tube di Falloppio” mediante una procedura chiamata “diatermocoagulazione delle tube”. Le tube di Falloppio consentono il passaggio dello sperma per la fecondazione dell’ovulo e il rilascio di quest’ultimo, possibilmente fecondato, nell’utero.